Le radiazioni a radiofrequenza (RFR) emesse dai cellulari e dai ripetitori-trasmettitori per la telefonia mobile provocano il cancro. Nello specifico, aumentano il rischio di sviluppare rari tumori al cuore e al cervello. Lo hanno dimostrato due distinte indagini scientifiche; la prima condotta negli Stati Uniti dal National Toxicology Program (NTP), e la seconda, a suffragio dei risultati della prima, eseguita in Italia dai ricercatori dall'Istituto Ramazzini di Bologna, con la collaborazione del Centro di ricerca sul cancro "Cesare Maltoni".
Gli studiosi italiani coordinati dalla dottoressa Fiorella Belpoggi, direttrice presso l'istituto bolognese, hanno analizzato gli effetti delle radiazioni (sui ratti) con esposizioni sensibilmente inferiori rispetto a quelle testate negli Stati Uniti, ciò nonostante hanno rilevato un aumento dell'1,4 percento di specifiche neoplasie, sia per i ripetitori che per i cellulari. Può sembrare una percentuale estremamente bassa, ma noi viviamo costantemente ‘immersi' in queste radiazioni, e tenendo presente il numero di persone esposte, come indicato dalla stessa Belpoggi ad Adnkronos Salute, “il numero di individui che rischiano di ammalarsi è elevato”.
Nello studio italiano circa 2.500 ratti “Sprague-Dawley” sono stati esposti a radiazioni GSM con una frequenza di 1.8 Ghz, quella delle antenne per la telefonia mobile. L'esposizione è stata di 19 ore al giorno per tutta la loro vita, dalla gravidanza delle madri fino alla morte. Le dosi cui sono stati sottoposti i ratti erano identiche a quelle cui siamo esposti noi quotidianamente. L'indagine italiana ha valutato l'impatto generale delle radiazioni ambientali, mentre gli americani hanno verificato gli effetti di quelle emesse dai cellulari posizionati a poca distanza da specifici tessuti (per questo erano più potenti).
Entrambe le ricerche hanno osservato nei ratti maschi un aumento nell’incidenza dei rari schwannomi maligni, tumori che colpiscono le cellule nervose cardiache, mentre nelle femmine quello di gliomi maligni al cervello. In entrambe i sessi è stata osservata anche l'iperplasia delle cellule di Schwann, cellule del sistema nervoso periferico. “Il nostro studio – ha dichiarato la dottoressa Belpoggi – conferma e rafforza i risultati del National Toxicologic Program americano. Non può infatti essere dovuta al caso l'osservazione di un aumento dello stesso tipo di tumori, peraltro rari, a migliaia di chilometri di distanza, in ratti dello stesso ceppo trattati con le stesse radiofrequenze”. “Sulla base dei risultati comuni – ha aggiunto la ricercatrice – riteniamo che l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) debba rivedere la classificazione delle radiofrequenze, finora ritenute possibili cancerogeni, per definirle probabili cancerogeni”.
Sapendo che cellulari e ripetitori emettono radiazioni cancerogene, cosa possiamo fare per proteggerci? Gli studiosi italiani suggeriscono innanzitutto l'utilizzo degli auricolari, con la speranza che le case produttrici di telefoni ne migliorino la tecnologia. A tutti è capitato di doverli lasciare nella borsa o in tasca a causa degli inestricabili grovigli che creano. La Belpoggi suggerisce un auricolare a molla integrato direttamente nello smartphone. A tutela dei clienti dovrebbero essere anche inseriti specifici avvertimenti nelle istruzioni, inoltre chi costruisce telefoni dovrebbe concentrarsi più sui sistemi di sicurezza che limitano le emissioni, piuttosto che sulla potenza e sulla “qualità” delle radiazioni.
La conferma che le radiazioni emesse da cellulari e ripetitori possono provocare il cancro (nei roditori) giungono dopo i risultati di altre indagini che avevano smentito questa possibilità. Un recente studio dell'Università di Sydney, basato sull'analisi dei dati di 19.858 uomini e 14.222 donne raccolti tra il 1982 e il 2012, suggerisce che non esisterebbe alcun legame tra l'utilizzo dei cellulari e lo sviluppo di tumori al cervello. Un dato che cozza con la storica sentenza del Tribunale di Ivrea, che ha condannato l'Inail a risarcire un uomo di 57 anni ammalatosi (secondo i giudici) di tumore al cervello a causa dell'uso prolungato del cellulare per motivi di lavoro.
Va infine considerato il fatto che le due ricerche che ‘provano' il legame tra tumori e radiazioni dei cellulari sono state condotte sui roditori, quindi i risultati vanno necessariamente confermati anche sull'uomo. I dettagli della ricerca italiana sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Environmental Research; quelli dello studio americano sono disponibili sul sito del NTP.
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