Dopo la terza dose di vaccino anti Covid, fondamentale contro Omicron, in molti si chiedono se ci saranno altri richiami. Ecco cosa dicono gli scienziati.
Nei giorni scorsi Israele è stato il primo Paese al mondo ad
aver approvato la quarta dose di vaccino anti Covid per contrastare l'ondata di
variante Omicron (B.1.1.529), la cui contagiosità è stimata in oltre cinque
volte quello della Delta (che ha soppiantato). Il secondo richiamo (o booster)
al momento è stato autorizzato solo a specifiche categorie della popolazione:
gli operatori sanitari, più esposti al rischio di contrarre l'infezione da
coronavirus SARS-CoV-2, i pazienti fragili con comorbilità e gli over 60, che
hanno un rischio superiore di contrarre la forma grave della COVID-19. Non vi è
certezza che la quarta dose venga proposta a tutti e nemmeno che le altre
nazioni seguiranno la strada tracciata dal Paese mediorientale; del resto, se
per il primo richiamo (la terza dose) ci sono evidenze scientifiche sull'efficacia
e della sua fondamentale importanza nella lotta alla pandemia, sulla quarta c'è
scetticismo anche da parte degli esperti. Vaccinare le persone ogni tot mesi
per correre dietro al virus e sconfiggerlo è infatti considerato da molti
inutile, impraticabile e potenzialmente controproducente. Soprattutto se si
continuano a utilizzare vaccini non aggiornati e progettati sul ceppo originale
di Wuhan.
“Non è raro somministrare vaccini
periodicamente, ma penso che ci siano modi migliori rispetto a fare i richiami
ogni sei mesi”, ha dichiarato al New York Times la professoressa Akiko Iwasaki,
immunologa di fama internazionale che lavora presso l'Università di Yale.
Secondo la scienziata, infatti, è possibile seguire altre strategie invece che
abbracciare questa situazione di “forever boosting”, ovvero di richiami
continui a breve distanza gli uni dagli altri, come sta accadendo almeno per
alcuni in Israele. “Questa non sembra essere una strategia sostenibile a lungo
termine, di sicuro”, gli ha fatto eco il professor Deepta Bhattacharya, esperto
di immunologia dell'Università dell'Arizona. Il punto è che sebbene i richiami
aumentino sensibilmente gli anticorpi neutralizzanti – nel caso della quarta
dose, in Israele, si osserva un'impennata di 5 volte -, essi sono inevitabilmente
destinati a calare nel giro di poco tempo. Se nel nostro organismo circolassero
livelli elevati di anticorpi contro ogni malattia infettiva che incontriamo,
infatti, il sangue non sarebbe liquido, ma una sorta di brodaglia, un fluido
estremamente viscoso. Gli anticorpi sono solo una parte della risposta
immunitaria per difenderci dai patogeni; ci sono le "armi" della
risposta cellulare – come i linfociti T che attaccano le cellule infettate – e
le cellule B della memoria, che sono pronte a produrre nuovi anticorpi
all'occorrenza, quando si viene nuovamente esposti a virus e batteri.
Secondo il virologo Shane Crotty, ricercatore presso il La
Jolla Institute for Immunology in California, anche con un livello elevato di
anticorpi in questo momento è difficile frenare la circolazione del virus,
tenendo presente l'elusività della variante Omicron a causa delle numerose
mutazioni. Secondo l'esperto un vaccino specifico contro di essa potrebbe fare
un lavoro migliore; non a caso le case farmaceutiche lo stanno già sviluppando,
sebbene non è detto che verrà immesso in commercio. “Non ha senso continuare a
fare richiami contro un ceppo che è già scomparso”, ha dichiarato al NYT il
professor Ali Ellebedy, un immunologo dell'Università di Washington di St. Louis.
“Se hai intenzione di aggiungere un'altra dose dopo la terza, aspetterei
sicuramente una progettata contro Omicron”, ha aggiunto l'esperto. Nel caso in
cui venisse venisse autorizzato, tuttavia, anche in questo caso non avrebbe
senso somministrare dosi a ciclo continuo. Non va infatti dimenticato che fare
troppi richiami a breve distanza gli uni dagli altri potrebbe essere
controproducente. Alcuni hanno ad esempio citato la cosiddetta “anergia”, una
sorta di esaurimento del sistema immunitario a causa delle troppe inoculazioni,
sebbene il professor Bhattacharya sottolinei che al momento non si stanno
osservando gli indizi rilevatori di questa condizione.
Secondo gli esperti una strategia efficace potrebbe essere
quella di somministrare un richiamo una volta l'anno e prima della stagione
fredda (che avvantaggia i virus respiratori), proprio come avviene col vaccino
antinfluenzale. È considerato lo scenario più ragionevole per quando usciremo
dalla pandemia ed entreremo in quella di endemia, che potrebbe non essere così
lontana proprio “grazie” alla diffusione della variante Omicron. “Puoi
immaginare uno scenario in cui diamo semplicemente dei richiami prima
dell'inverno ogni anno”, ha dichiarato al NYT il dottor Hensley. La stragrande
maggioranza degli esperti e l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sono
inoltre concordi sul fatto che invece di fare richiami continui nei Paesi
ricchi andrebbero vaccinate le popolazioni di quelli economicamente
svantaggiate; solo se tutto il mondo sarà immunizzato potremo scongiurare
l'emergere di nuove varianti in grado di eludere i vaccini anti Covid.
Come specificato dal professor Michel Nussenzweig,
immunologo della Rockefeller University di New York, in questo momento i
ricoveri nei vaccinati “stanno andando bene” e uno degli obiettivi più
importanti in una pandemia è evitare che le persone finiscano in ospedale.
Cercare di prevenire tutte le infezioni con la variante Omicron “è una causa
persa”, sottolinea l'esperto, mentre è fondamentale cercare di vaccinare quante
più persone possibili.
0 commenti:
Posta un commento