Farina, acqua, fuoco e magia. Sono questi i primi tre elementi che hanno creato la pizza. Quando ancora il lievito non era una scoperta conosciuta (e ripetibile), gli antichi Egizi preparavano delle forme di massa che lasciavano “crescere magicamente” e poi cuocevano nei forni a cono su pietre roventi, per donarle al faraone affinché potesse condirle come più gli era gradito.
E gradiva eccome il faraone, e non solo lui, tanto che ben presto, grazie ai vaggi e alle conquiste, le cchiacciate, pite, haish bel, pide, yufka, burgutta, taguella, tortilla, chapati, o come preferite chiamare questa primo pane circolare, si sono diffusi in tutte le terre conosciute. Conditi con erbe e spezie per i rituali religiosi, o con olive, verdure e pesci per il pranzo, con il miele per le feste, erano sempre un momento importante per la vita (e la crescita) della famiglia e dell’intera società. La pizza, quella che conosciamo noi, la napoletana, arriva però solo in seguito a due grandi eventi: le prime produzioni di mozzarella dopo l’arrivo dei Longobardi con delle loro mandrie di bestiame e l’uso del pomodoro dopo la scoperta dell’America. I pizzaioli lavoravano su dei banchetti per strada, proponendo le basi delle pizze già pronte da condire sul momento, o prendendo le ordinazioni e recandosi ai più vicini forni. Dal 1830 a Napoli, però, si ha la svolta: in quell’anno, infatti, viene fondata la prima pizzeria “al chiuso” con tanto di forno a legna personale e accoglienza per il cliente. “Port’Alba”, questo il nome, sorgeva accanto all’arco di piazza Dante, ed è stata un baluardo della pizza napoletana, diventando luogo di incontro di artisti e scrittori. Nel 1835 ne parla Dumas nel suo Curricolo, nel 1850 è ben spiegata nel volume “Usi e costumi di Napoli”, e così in tante altre pubblicazioni. Ma fino al 1889 nessuno parla mai di Margherita, nome che ormai è diventato sinonimo di pizza in tante parti del mondo. Quando nasce, allora, la signora delle pizze? La margherita è un mix tra passata di pomodoro e mozzarella, con aggiunta di una foglia di basilico, che era già conosciuto a Napoli, ma a cui nessuno aveva dato un nome identificativo. Quando nel 1889 la regina Margherita, moglie di Umberto I, in vacanza a Capodimonte, volle assaggiare la specialità napoletana, Don Raffaele Esposito e sua moglie donna rosa, titolari della rinomata pizzeria “Piero il pizzaiolo”, le prepararono a corte questa pizza, offrendogliela come rappresentazione della bandiera italiana e dedicandola alla regina con il nome Margherita. Inutile dire che la pizza fu apprezzatissima, e ben presto di bocca in bocca tutta Italia iniziò a parlare (e a mangiare) della pizza Margherita. Agli inizi del 1900, con le guerre e successivamente il fenomeno dell’emigrazione, la pizza ha superato ogni confine, portata in tutto il mondo dagli italiani partiti in cerca di fortuna che non potevano rinunciare ad un piatto così unico e sostanzioso. Il resto è storia recente, che vede la nostra pizza Margherita adattata alle culture e gusti di tutto il mondo, imitata e rivisitata. Ma si può copiare la ricetta, non il cuore di questa specialità tutta italiana.
E gradiva eccome il faraone, e non solo lui, tanto che ben presto, grazie ai vaggi e alle conquiste, le cchiacciate, pite, haish bel, pide, yufka, burgutta, taguella, tortilla, chapati, o come preferite chiamare questa primo pane circolare, si sono diffusi in tutte le terre conosciute. Conditi con erbe e spezie per i rituali religiosi, o con olive, verdure e pesci per il pranzo, con il miele per le feste, erano sempre un momento importante per la vita (e la crescita) della famiglia e dell’intera società. La pizza, quella che conosciamo noi, la napoletana, arriva però solo in seguito a due grandi eventi: le prime produzioni di mozzarella dopo l’arrivo dei Longobardi con delle loro mandrie di bestiame e l’uso del pomodoro dopo la scoperta dell’America. I pizzaioli lavoravano su dei banchetti per strada, proponendo le basi delle pizze già pronte da condire sul momento, o prendendo le ordinazioni e recandosi ai più vicini forni. Dal 1830 a Napoli, però, si ha la svolta: in quell’anno, infatti, viene fondata la prima pizzeria “al chiuso” con tanto di forno a legna personale e accoglienza per il cliente. “Port’Alba”, questo il nome, sorgeva accanto all’arco di piazza Dante, ed è stata un baluardo della pizza napoletana, diventando luogo di incontro di artisti e scrittori. Nel 1835 ne parla Dumas nel suo Curricolo, nel 1850 è ben spiegata nel volume “Usi e costumi di Napoli”, e così in tante altre pubblicazioni. Ma fino al 1889 nessuno parla mai di Margherita, nome che ormai è diventato sinonimo di pizza in tante parti del mondo. Quando nasce, allora, la signora delle pizze? La margherita è un mix tra passata di pomodoro e mozzarella, con aggiunta di una foglia di basilico, che era già conosciuto a Napoli, ma a cui nessuno aveva dato un nome identificativo. Quando nel 1889 la regina Margherita, moglie di Umberto I, in vacanza a Capodimonte, volle assaggiare la specialità napoletana, Don Raffaele Esposito e sua moglie donna rosa, titolari della rinomata pizzeria “Piero il pizzaiolo”, le prepararono a corte questa pizza, offrendogliela come rappresentazione della bandiera italiana e dedicandola alla regina con il nome Margherita. Inutile dire che la pizza fu apprezzatissima, e ben presto di bocca in bocca tutta Italia iniziò a parlare (e a mangiare) della pizza Margherita. Agli inizi del 1900, con le guerre e successivamente il fenomeno dell’emigrazione, la pizza ha superato ogni confine, portata in tutto il mondo dagli italiani partiti in cerca di fortuna che non potevano rinunciare ad un piatto così unico e sostanzioso. Il resto è storia recente, che vede la nostra pizza Margherita adattata alle culture e gusti di tutto il mondo, imitata e rivisitata. Ma si può copiare la ricetta, non il cuore di questa specialità tutta italiana.
0 commenti:
Posta un commento